Ossessione
Fobia
Mania
Attacco di Panico
Ipocondria
Depressione
Ansia
(Lettere scelte)
ossessione
<<Nessuno ancora sa che da un po’ di tempo sono assalita da manie, persecuzioni, paure incontrollabili. Ma ben presto tutti lo capiranno, perché comincio a fare fatica a nascondere i miei rituali per controllare la mia ansia. Talvolta ripeto gli stessi gesti per un numero di volte, ad esempio, mi lavo le mani per tre volte, e sé non basta a contenermi arrivo a ripetere il rituale altre sei volte, e poi nove, e così via. Un rituale che ripeto seguendo i multipli di tre fin quando mi calmo. Quando devo pagare le bollette eseguo i conti un’infinità di volte, fino a stancarmi, fino a deconcentrarmi, per poi decidere di rimandare tale operazione ad un momento meno angosciante. La notte mi alzo a controllare il gas o le finestre, e cerco sempre di camminare sulle mattonelle del pavimento della mia cucina senza calpestare le righe di divisione. I rituali che opero mi aiutano a superare la crisi del momento, poiché contenendo l’ansia riesco a sbloccare il mio movimento, ma la vita è fatta d’infiniti momenti, e spesso, in certe giornate i miei rituali autocontenitivi mi portano al tormento. Ma io so che il tormento è dato da qualcosa a cui non ancora riesco di dare un senso, poi si attiva l’ossessione, ed io sono preda di quella perversa espressione che apparentemente riesce a calmarmi, e sebbene il sollievo si rivela provvisorio, lo stesso non posso farne a meno, e il mio pensiero è troppo concentrato a calmare l’ansia da non avere il tempo per pensare al suo significato.>>
(Loredana G.)
ipocondria
<<Non c’è giorno che non controllo il mio corpo, e quando intravedo un’anomalia come un neo più pronunciato, o un dolore al petto, o un mal di testa che considero più forte del solito, o quant’altro visto che il corpo è illimitato, io temo di aver conseguito una grave malattia, non penso di aver sopravvalutato i segni e le sensazioni del corpo, piuttosto mi attacco al telefono e prendo subito un appuntamento con lo specialista, poiché è l’unica operazione che riesce a calmarmi. Di solito il medico mi assicura che non ho niente, ed io per un po’ di tempo mi sento sollevata; ma se per caso il medico allude alla possibilità di un intervento, pur precisando che prima sono necessari altri accertamenti, io già mi prenoto per fare l’intervento, un po’ per evitare eventuali ritardi, e un po’ perché sapere che posso intervenire e sradicare il male il prima possibile mi fa sentire meno invasa dal pensiero di morte.>>
(Agata K.)
<<Da pochi mesi sono fidanzata con un ragazzo che ho rincorso per anni. Inizialmente ero al settimo cielo, poi ho cominciato a sentirmi nuovamente malata, perciò non all'altezza della situazione. Ho cominciato ad avere mille problemi di natura fisica, come dolori sospettosi, macchie sulla pelle, dolore al petto, rigonfiamento delle ghiandole del collo, e problemi vaginali. Sono subito intervenuta, ma dopo essere stata visitata dagli specialisti non è stato riscontrato niente di particolare; sono arrivata persino a dubitare della competenza dei medici in genere, loro sminuiscono, e qualcuno allude a disturbi psicosomatici. In questo stato non sento di poter portare avanti il mio rapporto, sarei un problema per lui, quindi lo lascerò a breve. Mi sento come condannata, e vivo nel terrore di ammalarmi, e prima o poi accadrà sicuramente. Andrò dallo psicologo, sperando che si riveli una soluzione.>>
(Maria B.)
depressione
(Francesca D. G.)
ansia
(Federica S.)
<<Credo di essere la persona più insicura che c’è sulla terra. Malgrado io sia carina, e rendo scolasticamente, ho sempre bisogno di rassicurazioni per prendere decisioni quotidiane, casomai delego a chiunque altro la mia esistenza. Sé ho un fidanzato lui deve decidere per me su ogni cosa, persino se devo comprarmi un paio di calzini lo chiamo per decidere il colore. Quando devo fare un esame all’università, voglio essere accompagnata da mia sorella, il mio fidanzato, le mie amiche, e se ci riesco mio padre, (mia madre no perché è più ansiosa di me). Vivo col terrore di perdere il mio fidanzato, perciò lo controllo e non lo lascio mai in pace. Ma non mi basta neppure lui, perché più mi sento corteggiata e meno soffro l’insicurezza che mi attanaglia. Ovviamente non riesco a rimanere sola in casa, e allora mi attacco al telefono e faccio ricca la telecom. Sé continuo così perderò tutti, e questo non lo potrei sopportare, penso che arriverei a suicidarmi.>>
(Valentina M.)
mania
(Simone F.)
attacco di panico
<<Tutto è cominciato una sera di giugno di quest’anno. Tornavo da una cena con amici. Ero alla guida della mia nuova macchina e da solo. All’improvviso ho cominciato a sentirmi particolarmente nervoso, ed avevo fretta di tornare a casa. Incominciai ad avere paura di poter fare un incidente. Rallentai notevolmente guidando sulla corsia di scorrimento togliendomi dalla corsia del sorpasso. Ma il panico saliva lo stesso, e la strada, che conoscevo bene, improvvisamente mi sembrò più stretta e infinitamente lunga. Le macchine che sfrecciavano alla mia sinistra andavano veloci come non mai, ed avevo la sensazione che si erano accorti del mio disagio. Vampate di calore m’indorarono, e le mani cominciarono a tremare e sudare. La sensazione era catastrofica, mi stavo sentendo male e non potevo fermarmi. Pensai che stava sopraggiungendo un attacco cardiaco, un collasso, o in ogni caso qualche fenomeno che mi avrebbe fatto perdere il controllo della realtà.
Questo è stato il mio primo attacco di panico. Da allora né potrei elencare un elenco d’attacchi. Ho imparato a riconoscere i segnali: i battiti cardiaci aumentano, mancanza d’aria, il respiro è affrettato, la forza dei muscoli diminuisce, la visione della realtà è alterata, lo spazio rimpicciolisce oppure si dilata. Presto segue una completa prostrazione ed ho la sensazione di svenire, anche se questo processo non è mai accaduto. Spesso mi è capitato di perdere la normale sensibilità alle estremità del mio corpo, e il campo visivo si restringe. Raramente sono giunto a sentirmi staccato dal corpo, come se il corpo non mi appartenesse, una sensazione a dir poco terribile. In questi momenti io temo d’impazzire, di arrivare a perdere completamente il controllo della realtà.>>
(Matteo P.)
fobia
<<La mia è una strana fobia e difficile da evitare. La mia fobia ha a che fare con gli uccelli. Se sono distanti da me li guardo per controllarli, ma sé putacaso me ne dovessi trovare uno vicino, ed ovviamente non faccio distinzione: piccione, passero, gabbiano, usignolo, ecc., oppure mi dovessi trovare sotto un albero pieno d’uccelli, la mia reazione è a dir poco catastrofica. Temo che mi possano assalire, e toccare. Allora comincio ad irrigidirmi, a tremare, fino a non riuscire a muovermi. In questo momento penso d’impazzire, sono preda da un attacco di panico.
Pensate che mentre né parlo ho la stessa e solita sensazione di disagio!>>
(Fabiola D.)
angoscia
(Immagine di Luana Belfiore di Trento)
<<Stanca, prima ancora di essere alzata. Sarei dovuta uscire da lì a pochi minuti per raggiungere in orario il mio posto di lavoro, o altrimenti, sarei mancata ancora una volta, assenze che si ripetevano troppo spesso negli ultimi mesi; e non avrei saputo ingegnare un’altra menzogna per giustificare la mia assenza.
Non potevo ripetermi, dovevo andare.
Ma non sentivo la forza alle braccia, e avevo freddo. Tirai la coperta dal letto e mi ci avvolsi. Lentamente mi recai in bagno.
Rimasi a lungo seduta sul gabinetto, ascoltando con disagio il tintinnio dell’orologio, e con pudore il rumore della mia urina.
Mi soffermai a guardare le unghie dei miei piedi: erano lunghe e sporche, provai a rimuovere con le mani la sporcizia che si era depositata tra le dita, e questo gesto non mi provocò alcun imbarazzo, anzi, una strana forma di piacere.
Alzandomi dal gabinetto mi sorprese la mia immagine riflessa allo specchio: apparivo gonfia in volto, sfatta; ed un forte capogiro mi convinse che potevo essere malata. Ritornai nel letto.
Con un sentimento di vergogna coprii con le lenzuola tutto il mio corpo, accuratamente, ed anche il volto, ed in posizione fetale cominciai a dondolare, sussurrando una cantilena nel tentativo di calmare la mia ansietà.
Un odore viziato e pungente mi fece trasalire, ed uscii nuovamente dalla mia "tana". Se mi fossi almeno lavata avrei compiuto qualcosa di utile per dare un senso a quella mattinata che stavo trascorrendo inutilmente come tutte le altre che la precedevano.
Ritornai in bagno, e di nuovo mi sedetti sul gabinetto, e ascoltando il suono della goccia d’acqua del rubinetto, e il tintinnio dell’orologio, udii un altro suono inquietante che si fondeva con i rumori già noti, il battito del mio cuore si era fatto tachicardico.
Tentai di spostare la mia attenzione sulle cose terrene.
Pensai che oltre al mio corpo avrei potuto lavare anche la casa che da tempo trascuravo, i panni sporchi e stirato, e poi avrei fatto la spesa, cucinato, e poi le bollette da pagare, la fila alla posta, e ... Ma avevo troppo freddo, e mi accorsi che ero nuda. Osservai il mio corpo, e mi sembrò di non riconoscerlo: era curvo, decadente, talmente pallido da sembrare morto.
Decisa a farmi la doccia, assunsi un atteggiamento severo e solenne. Velocemente indossai l’accappatoio; ma cercando le pantofole che erano in camera da letto, mi ritrovai seduta sul bordo del letto e, senza volerlo, scivolai nuovamente sotto le coperte ancora calde.
Ripresi a dondolarmi in posizione fetale, ma senza riuscire a calmare la mia ansietà: stavo piangendo. Perché piangevo? Mi chiesi. E questa domanda alimentò il mio pianto. Perché non avevo la forza di reagire? E questa domanda accelerò il battito del mio cuore. Disperatamente tentai di pensare a qualcosa di piacevole o quantomeno interessante, ma non riuscivo a pensare.
Ad un tratto un particolare attirò la mia attenzione: l’orlo del cuscino era scucito, e ciò mi permetteva di scorgere il tessuto nascosto dalla cucitura. Mi ricordai com’era la federa appena comprata: essa aveva quei stessi colori vivaci e nitidi che ora intravedevo grazie al fallo della scucitura. Questa banale scoperta mi rattristò ulteriormente; ora la stoffa del cuscino si presentava sbiadita e corrosa. Pensai che le condizioni della federa rappresentavano il mio stato d’animo, i colori della federa, come i miei sentimenti, rimanevano nascosti, dimenticati, cuciti sotto un orlo, visibili solo per errore, un’imperfezione che non riuscivo a perdonare. Passai l’intera giornata a dondolarmi nel letto, stringendomi al cuscino logoro.
Alla sera cucii l’orlo della federa e tornai a dormire, pensando che l’indomani sarei sicuramente riuscita ad uscire. Ma anche quella notte finii a non dominare la mia insonnia, e al mattino mi ritrovai ancora una volta impreparata. Stanca, prima ancora di essere alzata. Con l’animo rassegnato, sapevo di non poter fare altro che aspettare il tempo.>>